Galatina: l’Assisi del Sud
Cielo ovattato, temperatura mite, colori nitidi, poca folla: destinazione perfetta per una gita fuori porta ma anche per un fine settimana in cui riappropriarsi di ritmi lenti, in cui passeggiare per strade rassicuranti e ricche di storia, in cui degustare la cucina tipica dell’entroterra salentino. Siamo a Galatina, antica colonia greca che vanta storie e tradizioni tutte da scoprire.
Ad aspettarci nella storica Pasticceria Eros, nella centralissima piazza S. Pietro c’è Barbara, galatinese di nascita, insieme ai rappresentati dell’info point Galatina, promotori eccellenti del territorio, che ci fanno cominciare la giornata con il classico caffè leccese accompagnato da una carrellata di dolci tipici: Africano, Pasticciotto e Sibilla.
Tre dolci che rappresentano a pieno la pasticcerie galatinese, diversa da quella del Salento e influenzata dai Borboni con la pasticceria napoletana ma anche dalla cultura araba con aromi e spezie. Sono dolci carichi di sapore perchè devono affiancare piatti altrettanto robusti, a raccontarci la storia e la nascita di questi dolci è Luigi Derniolo, maestro pasticcere e capitano della storica Pasticceria Eros.
Ogni assaggio è accompagnato da notizie e curiosità, così abbiamo scoperto che il Pasticciotto Galatinese nasce nel ‘700 e il suo impasto è “figlio della frolla napoletana”. Come la tradizione vuole, la materia grassa per l’impasto della pasta frolla deve essere rigorosamente lo strutto, per due motivi: il primo perchè all’epoca della sua nascita si conosceva in questa zona solo lo strutto, autoprodotto in casa da massaie e contadini, il secondo perchè ha una lavorabilità che resiste al caldo pertanto al territorio tipico della zona.
Di origine più antica invece l’Africano.
Nasce alla fine del ‘500 dall’unione di due semplici ingredienti: tuorlo d’uovo e zucchero è un vero biscotto proteico, tanto che un tempo era il dolce portato in dono alle neo mamme e che veniva fatto mangiare a “bambini mingherlini”, ma non solo, pare che in passato fungesse da viagra.
Anticamente detto “dita degli apostoli” , prende il nome di “africano” in epoca più recente, perchè grazie alla sua alta conservabilità era il biscotto che veniva dato ai soldati delle colonie africane.
La Sibilla è invece il dolce che con la sua forma esagonale rappresenta la pasticceria stessa. Nasce negli anni ’60 dall’inventiva del papà di Luigi, nonchè fondatore della pasticceria stessa. Con questo dolce voleva raccontare la sua terra e infatti al palato si presenta proprio come un’esplosione di gusto.
Ricoperto da un’austera glassa al cioccolato al suo interno nasconde uno strato di pan di spagna, uno di pasta di mandorle e uno di marmellata, avvolti da una voluttuosa crema al burro alla nocciola.
Ricca di storia per le sue antiche origini, Galatina ci sorprende per la sua quiete, per i suoi palazzi gentilizi e non è difficile immaginare eleganti dame con le loro grandi gonne di crinolina, affacciate al tipico balcone panciuto risalente al 1700, chiamato a “petto d’oca”.
Un segno d’eleganza di questa cittadina che custodisce numerose chiese come quella di S.S. Pietro e Paolo, dall’imponente quanto raffinata facciata barocca.
Ma la vera chicca della città è la trecentesca Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, un vero gioiello di arte romanica e gotica. Di imparagonabile bellezza per i suoi affreschi, secondi solo a quelli della Basilica di San Francesco in Assisi.
Angeli, cherubini e colori che ti catturano e stupiscono, ma che nascondono una grande storia legata a chi quegli affreschi li ha commissionati e a chi a sua volta li ha realizzati.
Storia e aneddoti che abbiamo scoperto grazie alla guida Angela Beccarisi, che con i suoi racconti ci ha ammaliato.
Ogni affresco è legato a un tema: Apocalisse, Genesi, la vita di Gesù, dei quattro evangelisti e la vita di Santa Caterina D’Alessandria, ma quello che sorprende è come ogni affresco sia legato anche alla storia della famiglia Orsini che in un certo qual modo è sempre presente sia con il suo stemma ma anche con un inedito ritratto della regina incita Maria d’Enghien, moglie in prime nozze di Raimondo Orsini del Balzo e in seconde nozze di Re Ladislao I.
Galatina, considerata l’Assisi del Sud, grazie alla Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, merita di essere “goduta” in tutte le sue espressioni!
E, l’espressione di una terra passa anche attraverso il cibo.
Ingredienti che sono tipici di un luogo, che lo caratterizzano , che si fondono in gusti, abitudini, tradizioni.
Ingredienti che danno vita a piatti tipici da cui è difficile non restare affascinati, perchè raccontano la loro terra e quel senso di calore e cucina che va ben oltre il mero “atto dello sfamarsi” ma che diventa un’occasione di socialità.
Cosi, col il fresco venticello di settembre, quello tipico di fine estate che ti accarezza, abbiamo pranzato nell’atrio di Corte del Fuoco, dove attraverso ogni piatto abbiamo conosciuto la Galatina gastronomica.
Corte del Fuoco è esattamente alle spalle della Basilica. Un palazzo del ‘400 con un mix di elementi antichi, con volte a botte e muri in pietra. Era un’antica “fornace”, qui i cittadini venivano a prendere la brace, il “fuoco”, per scaldarsi a casa. Al suo interno presenta la Vecchia Bottaia con il pozzo di acqua sorgiva e quello che un tempo erano le antiche stalle, oggi ospitano la cucina.
Una cucina che parla di territorio con piatti creativi che seguono la stagionalità, ma anche gli antichi fausti medioevali con il classico abbinamento cibo-frutta, come il “salmone marinato a secco (48 ore) con agrumi e servito con frutta di stagione. Un piatto che ogni volta ti sorprende per il suo matrimonio con ciliegie, con frutti rossi, con fragole o con fichi.
Una cucina quella di Corte del Fuoco che rivaluta i prodotti tipici di Galatina, come la cicoria o la patata, che dà vita alla famosa Pitta.
Altro piatto tipico è il “cecamariti”, un piatto che ben rappresenta l’astuzia di una donna che doveva combattere con la povertà, ma nonostante ciò era in grado di portare in tavola una zuppa fatta con gli avanzi di cucina, capace di acceccare gli uomini di casa per la sua bontà.
One Comment
Silvia
Bellissimo post tra cultura architettura e gastronomia!